
L’allarme lanciato dalla Corte dei Conti non lascia spazio all’interpretazione: i laureati italiani hanno in tasca un pass che vale oro, ma senza la reale possibilità di usarlo. Il titolo di studio tanto sudato non è garanzia di maggiori opportunità occupazionali e nemmeno di una paga adeguata, un problema irrisolto da anni che spinge sempre più laureati a trasferirsi all’estero alla ricerca di nuove opportunità: stando al Referto sul sistema universitario, nel 2021 sono il 41,8% in più i cervelli in fuga rispetto al 2013.
AVERE ATENEI D’ECCELLENZA NON BASTA – poco conta che la Sapienza di Roma sia stata confermata ai primi posti a livello mondiale in “Classics & Ancient History”, che il Politecnico di Milano sia al 22° posto in ingegneria elettronica e che l’università di Padova sia tra le prime 100 in Psicologia. Anche se i laureati in Italia sono aumentati nell’ultimo decennio, rimangono comunque meno dei colleghi europei, a causa anche delle tasse universitarie elevate e delle carenti borse di studio per gli studenti meritevoli che rendono l’investimento economico per la formazione fuori portata per molte famiglie italiane. In questo quadro già di per sé disarmante, le scarse opportunità di lavoro e i contratti precari che troppo spesso i neolaureati sono costretti ad accettare per necessità dopo anni di studi, non possono che peggiorare la situazione.
MANCANO GLI INVESTIMENTI NELLA RICERCA – è un circolo vizioso quello che riguarda le discipline STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica): se da un lato si denuncia una mancanza di laureati nelle materie scientifiche, un dato che incide negativamente sul tasso di occupazione, dall’altro i fondi pubblici destinati alla ricerca nel periodo 2016-2019 si confermano inferiori rispetto alla media europea. Percorsi universitari che possono durare 5 anni, 8 se consideriamo anche i dottorati di ricerca, al termine dei quali troppo spesso l’ingresso nel mondo del lavoro è assoggettato a stage poco – o per nulla – retribuiti che si prolungano anche per 12 mesi. In questo quadro così complesso, la scelta di lasciare l’Italia per trovare lavoro all’estero appare più come una necessità.
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