
Ci si chiede come mai la quinta e più grande ondata di pandemia di coronavirus in Giappone, la variante super contagiosa Delta, si è improvvisamente interrotta. Ma ci si domanda cosa abbia reso il Giappone diverso dagli altri paesi sviluppati che ora stanno assistendo a una nuova ondata di nuovi casi.
In Giappone la situazione pandemica, nonostante l’arrivo della stagione fredda, dopo il picco straordinario, per loro, di caso avvenuto ad agosto, attualmente è a dir poco rosea. I casi sono irrisori.
Secondo un gruppo di ricercatori, la risposta sorprendente potrebbe essere che la variante Delta si sia presa cura di sé stessa in un atto di autoestinzione. Tre mesi dopo che la variante Delta ha dato un numero record di casi giornalieri in Giappone, le nuove infezioni da COVID-19 sono crollate, scendendo sotto i 200 nelle ultime settimane, e circa 100 in questi giorni. A evidenziare quel calo è stato il fatto che non sono stati segnalati decessi il 7 novembre, la prima volta che è successo in circa 15 mesi.
Il Giappone ha censito 1,73 milioni di casi e 18.353 con una popolazione di 126 milioni. Va detto che il Giappone vanta il valore percentuale più elevato di vaccinazioni, superando Canada, Portogallo e Italia.
Ma in Giappone l’emergenza è finita? No, fintanto che proseguiranno i collegamenti aerei e navali con il resto del Mondo, il Giappone è vulnerabile, anche se la sua posizione geografica lo pone forse in una condizione di riguardo rispetto ad esempio a noi europei.
Molti studiosi indicano una varietà di possibilità per il crollo di contagi. Di certo l’altissimo livello di vaccinazioni ha prodotto la sua efficacia. Poi ci sono il distanziamento sociale e l’uso di maschere che sono profondamente radicate nella società giapponese. Spesso abbiamo veduto (e forse deriso) i giapponesi con la mascherina anche per un semplice raffreddore, e ciò perché è insito nella loro educazione il rispetto del prossimo.
Ma gli studiosi ritengono che il motivo principale potrebbe essere legato ai cambiamenti genetici che il coronavirus subisce durante la riproduzione, a un ritmo di circa due mutazioni al mese.
Secondo una teoria potenzialmente rivoluzionaria proposta da Ituro Inoue, professore presso l’Istituto Nazionale di Genetica, la variante Delta in Giappone ha accumulato un eccesso di mutazioni. Di conseguenza, il virus ha faticato a riparare gli errori in tempo, portando il virus ad una sorta di autodistruzione.
Autodistruzione che potrebbe avvenire anche in altre parti del Pianeta? Forse. Nessuno può dirlo, ma solo teorizzarlo. Altre pandemie si sono estinte quasi nel medesimo modo, parrebbe.
Ma c’è anche da dire che più persone in Asia hanno un enzima di difesa chiamato APOBEC3A che attacca i virus a RNA, incluso il virus SARS-CoV-2 che causa il COVID-19, rispetto alle persone in Europa e in Africa.
Per intenderci, i giapponesi e altri popoli orientali, potrebbero avere una sorta di autodifesa immunitaria naturale che ha rafforzato quella prodotta dai vaccini.
È questa una conclusione a cui sono giunti i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Genetica e dell’Università di Niigata. Lo staff di ricerca ha cercato di scoprire come la proteina APOBEC3A influenzi la proteina nsp14 e se possa inibire l’attività del Coronavirus.
La squadra di ricerca ha condotto un’analisi dei dati sulla diversità genetica per le varianti Alfa e Delta da campioni infetti in Giappone da giugno a ottobre, visualizzando le relazioni tra le sequenze di DNA del virus SARS-CoV-2 per mostrare la diversità genetica. Da qui studi e test che hanno prodotto conclusioni sull’efficacia del gene APOBEC3A sul Covid.
Ma il rischio per il Giappone non si è chiuso; perciò, anche da queste parti stanno adottando nuove misure di prevenzione per evitare contatti con la variante Omicron.
ti con la variante Omicron.
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