Gli americani ed europei sono angosciati per i prezzi del gas. I tedeschi stanno abbassando la temperatura del riscaldamento. In Italia sarà limitato la temperatura degli ambienti climatizzati.
Il Perù ha assistito a violente proteste per l’aumento dei costi del carburante. Ma un po’ ovunque ci sono stati blocchi e proteste.
La rete energetica nazionale della Nigeria è recentemente collassata. Ora c’è la guerra in Ucraina, con l’obiettivo di tagliare le importazioni in Europa di combustibili fossili dalla Russia. Insomma, c’è una crisi energetica senza precedenti, anche perché appare articolata e complessa.
Il problema di fondo è che siamo in ritardo con gli impianti di energie alternative. Le Nazioni Unite con un rapporto del 4 aprile sui cambiamenti climatici ha evidenziato che troppi investimenti sono stati destinati ai combustibili fossili e troppo pochi alla transizione energetica che potrebbero impedire un devastante aumento delle temperature globali.
Adesso questa crisi intorno all’energia, ai costi e alla politica che le sta attorno non finirà presto. E’ forse solo l’inizio di un’altra forma di guerra, quella dell’energia. Un aspetto non previsto dagli analisti che invece prospettavano disastri e rivolte per l’uso delle risorse idriche in quei Paesi ove i cambiamenti climatici stanno creando un aumento della temperatura associato a gravi siccità.
E’ evidente che Vladimir Putin ha intensificato questa crisi con l’invasione dell’Ucraina ha fatto salire i prezzi e costretto l’Europa, fino ad ora il più grande importatore di gas naturale russo, a iniziare un tentativo di porre fine alla sua dipendenza di lunga data dal gas dalla Russia, sacrificando l’utilizzo di costosissime infrastrutture, gasdotti lunghi migliaia di chilometri.
Ma la causa della crisi non è solo di Putin. Da un anno prima dell’invasione russa dell’Ucraina, l’offerta di combustibili fossili ha avuto un’impennata di domande dopo i pesanti lockdown, provocando un aumento dei prezzi.
Negli anni scorsi è mancato l’appoggio degli USA all’adesione degli accordi per ridurre le emissioni di gas serra sotto la politica di Trump, adesso la speranza di tutti è che si ottenga un sostegno vigoroso con il presidente Biden, che ha evidenziato di voler concentrare la sua presidenza nella lotta ai cambiamenti del clima,
Biden, come fa l’America, già da un anno ha chiesto gli altri produttori di petrolio e gas di aumentare la loro produzione per ridurre i prezzi. Ma il tentativo di cambiare la tendenza è stato inutile. Nel frattempo, la domanda cinese di importazioni di gas è cresciuta del 20% rispetto al 2021, contribuendo a spingere i prezzi del gas in Europa di quasi sei volte tra marzo e dicembre.
Nel frattempo, i prezzi del petrolio sono aumentati di un terzo nelle prime due settimane dopo l’invasione in Ucraina, ponendo in luce l’aumento progressivo del costo dei combustibili fossili.
Ma ecco una grave escalation che sconquassa ogni sforzo fatto da tutti per ridurre le emissioni di gas serra. I Paesi asiatici per primi hanno incrementato a dismisura la domanda di carbone per produrre energia elettrica, a discapito delle emissioni in atmosfera di velenosi gas, oltre che quelli serra.
Il parallelismo con gli anni ’70 è evidente, ma questo shock potrebbe essere di gran lunga maggiore, in un Pianeta che rispetto a 50 anni fa ha più che raddoppiato la richiesta di combustibili.
Il Mondo è cambiato molto sotto l’aspetto economico, e l’escalation della guerra in Ucraina comporterà enormi problemi in quasi tutto il Pianeta, e nel frattempo, i cambiamenti climatici avanzeranno, avviando una guerra di ribellione contro l’uomo.
La via verso la transizione energetica è lenta, sono necessari decenni per azzerare l’uso dei combustibili fossi. In Europa e parte dell’America i progetti sono molto avanzati, ma non attuabili entro pochi mesi.
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