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Un tempo ghiaccio, oggi polvere: da oggi questo GHIACCIAIO è solo storia

Federico Russo di Federico Russo
27 Mar 2025 - 19:15
in A La notizia del Giorno, Ad Premiere, Cambiamento Climatico, Meteo News
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Nel cuore dell’Appennino centrale, tra le creste imponenti del Gran Sasso, il ghiacciaio del Calderone rappresenta oggi non solo un simbolo della crisi climatica in atto, ma anche un drammatico indicatore della fragilità degli equilibri naturali e sociali legati a territori montani sempre più esposti al cambiamento.

 

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Inserito nel 2024 nella Global Glacier Casualty List – una piattaforma internazionale creata grazie alla collaborazione tra Rice University, University of Iceland, Iceland Glaciological Society, World Glacier Monitoring Service e UNESCO – il Calderone viene ormai considerato un ex ghiacciaio.

 

Questo archivio globale, dinamico e in costante aggiornamento, raccoglie dati sui ghiacciai scomparsi o prossimi alla scomparsa in tutto il mondo, ed è diventato una sorta di memoriale digitale delle vittime glaciali del riscaldamento globale.

 

La storia del Calderone è antica e profondamente intrecciata con la cultura e la memoria dell’alpinismo italiano. La sua prima documentazione risale al 1573, quando Francesco De Marchi, durante la sua scalata al Corno Grande, ne fornì una descrizione dettagliata, segnando simbolicamente l’inizio dell’esplorazione scientifica e alpinistica dell’Appennino.

 

Nel XIX secolo, il ghiacciaio raggiungeva un’estensione superiore a 0,10 km² e nel 1925, al momento del primo censimento ufficiale dei ghiacciai italiani, la sua superficie risultava già ridotta a 0,07 km². Da allora, il Calderone ha vissuto una costante e progressiva fase di regressione, aggravata in maniera esponenziale negli ultimi decenni.

 

L’estate del 2000 ha segnato una tappa emblematica in questo processo di declino, con la frammentazione del ghiacciaio in due piccoli resti glaciali, noti come glacieratini. Al 2021, questi frammenti coprivano una superficie complessiva di appena 0,003 km², poco meno di un acro, una testimonianza minima ma significativa della presenza passata del ghiaccio.

 

Sebbene il Calderone fosse per lungo tempo considerato il ghiacciaio più a sud d’Europa, oggi restano altri piccoli corpi glaciali alla stessa latitudine, situati nei Picos de Europa (Spagna), nelle Alpi Dinariche e nel massiccio del Pirin in Bulgaria.

 

Tuttavia, le prospettive sono simili per tutti: il riscaldamento previsto nei prossimi anni, in particolare durante le estati sempre più secche e torride del bacino mediterraneo, minaccia la sopravvivenza di questi ultimi testimoni del clima che fu.

 

La scomparsa quasi completa del Calderone non è soltanto un fenomeno climatico: ha ricadute dirette sulle comunità che da secoli vivono in simbiosi con queste montagne. Le condizioni meteorologiche instabili, l’assenza di neve e il declino del ghiacciaio hanno causato un crollo del settore turistico.

 

Le temperature più miti, rispetto a molte grandi città italiane, potrebbero diventare un punto di forza per il turismo climatico, un segmento in crescita. Tuttavia, senza interventi strutturali e senza una strategia concreta di adattamento al cambiamento climatico, il rischio è che molti di questi borghi diventino un ricordo.

 

In definitiva, la storia del Calderone è una storia di trasformazione, perdita e resistenza. Il ghiaccio visibile è ormai ridotto ai minimi termini, e ciò che resta – forse celato sotto uno spesso strato di detriti, come accade in alcune zone delle Dolomiti e delle Alpi Giulie – è fragile, precario, e destinato a scomparire.

 

Ma finché rimarrà memoria, attenzione mediatica e volontà di difendere ciò che rappresenta, il Calderone continuerà a raccontare qualcosa di essenziale sul nostro rapporto con la montagna, la natura e il tempo che cambia.

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